E’ un tema sulla bocca di tutti: costruire in maniera sostenibile per l’ambiente e in maniera da risparmiare sulla bolletta energetica. Sì, ma le proposte sono tante e a volte anche molto diverse tra loro e tanti anni di pubblicità sulla sostenibilità dell’ecoincentivo per la rottamazione dell’usato non hanno contribuito a schiarirci le idee.

Il progetto di casa sostenibile è prima di tutto la creazione di un ambiente che contribuisca a stare bene. In un epoca in cui ci parlano solo di efficienza energetica sembra strano sentire qualcuno che ancora pensa all’uomo. Va chiarito che non esiste una tecnologia sostenibile di per sé e la speranza di una salvezza data dalla sola efficienza delle tecnologie è illusoria.

casa sostenibileA ben guardare ogni volta che una tecnologia conquista l’efficienza di un singolo elemento e si festeggia un progresso ecologico, inversamente aumentano i consumi complessivi, e si compie un ulteriore passo verso il disastro ecologico. Quando costruiamo dobbiamo allora ricordarci che è l’uomo che fa la sostenibilità, con i suoi consumi, comportamenti e scelte.

Quindi elemento fondamentale sono la cultura della sostenibilità, ambienti sani e salubri. Non solo in quanto privi di materiali che facciano ammalare, ma piacevoli nell’utilizzo e garanti di una salute fisica e psicologica piena. Perché la scelta se mantenere una casa o demolirla e rifarla da zero spetta all’uomo e raramente gli aspetti fisico-tecnici sono unico elemento di scelta.

Certo, la qualità dei prodotti utilizzati è fondamentale: l’involucro deve isolare d’inverno, avere inerzia per mantenere il fresco d’estate, traspirare per smaltire il vapore naturalmente presente negli ambienti. In questo, sempre i prodotti che meglio rispondono al complesso insieme di richieste sono quelli naturali. Si è parlato di sughero in primis, ma anche di fibra di legno, cellulosa dai giornali riciclati, canapa e vetro cellulare.

Ogni materiale ha un suo bilancio ecologico, fatto di energia consumata in fase di produzione, di CO2 emessa e di modalità di riuso o smaltimento. E’ interessante notare che i materiali vegetali immagazzinano CO2 atmosferica durante la crescita della pianta e hanno fasi di lavorazione semplici, presentano quindi un bilancio di CO2 addirittura sotto lo zero. Il contrario avviene per i materiali sintetici, ad alto costo energetico ed ambientale.

Ma se fare bioarchitettura significa pensare alla sostenibilità intorno all’uomo, significa anche pensare in termini di territorio. Limitarsi a singole case sostenibili non basta infatti a fare un territorio sostenibile. Ed è fondamentale che per permettere alle persone di conservare e valorizzare il proprio intorno, che queste lo comprendano, ci si rispecchino e lo facciano proprio: ci si identifichino. Solo creando simbiosi tra il territorio e la sua gente si prepara la sua valorizzazione e conservazione. E ogni volta che si conserva, si preserva quell’energia grigia che vi è stata investita nell’atto di costruzione, si evitano scarti, ma si difende anche la stratificazione culturale di un territorio e della sua gente.

Oggi non siamo più in grado di fare città: facciamo solo periferia, la città si identifica con quanto presente nel centro storico. Tutto il resto è un amalgama indecifrabile di edifici uguali dappertutto. Né la fantasia di edifici colorati ed estrosi ci aiuta per salvaguardare l’ambiente e per rendere le nostre città vivibili. Per fare territorio quindi non ci si deve concentrare solo sulla propria casa e sulle sue qualità, occorre pensare a come si inserisce nel tessuto. Il tessuto è fatto di relazioni. Tornando agli edifici del centro, in pochi casi vi si trovano qualità spiccate, la qualità sta nel legame che intrattengono con gli edifici intorno, nel filo conduttore che manca ai quartieri moderni.

Per fare tessuto è importante trovare situazioni che consentano alle persone di partecipare alla realizzazione della propria casa. Partecipare ad un obiettivo comune crea il legante per porta ad una comunità, e la comunità è un importante tassello di base per una sostenibilità efficace.

Sono i casi più virtuosi e quelli che ottengono il migliore beneficio economico, grazie alle sinergie di un progetto pensato in bioarchitettura fino dalla sua origine.
E qui si tocca un punto fondamentale:

Quali sono i costi della bioarchitettura?
La domanda è equivoca: pensare di sostituire in un progetto convenzionale tutti i materiali sintetici con equivalenti naturali può portare ad un extra costo di costruzione intorno al 16%.
Ma il progetto di bioarchitettura sfrutta fino dalla primissima impostazione del progetto molte risorse passive, il sole, i venti, l’isolamento. E’ allora fondamentale che sia conseguente anche nelle scelte impiantistiche, potendo in queste razionalizzare moltissimo la spesa iniziale. E più il progetto è pensato in maniera organica e minori saranno i costi di realizzazione.

Cosa bisogna chiedersi come prima cosa?
Da dove arriva il materiale che viene utilizzato e come potrà essere smaltito. Elementi base per un giusto abitare le vernici biologiche non tossiche, trattamenti per non avere muffe…l’argilla per ridurre i campi magnetici e le pitture di calce a base vegetale.

Quali sono i materiali migliori?
Preferibilmente i materiali migliori sono quelli naturali che evitino processi di sintesi petrolchimica.

tratto da un intervento dell’ing. Daniela Brighi presso i GAS di Rimini

By Giovanni Sasso

Si occupa di tutti gli aspetti legati alla bioarchitettura nella progettazione urbanistica ed edile, ingegnerizzazione di strutture in legno-paglia, consulenza energetica. Presidente INBAR, Esperto in Bioarchitettura INBAR, Progettista Junior Casaclima, Corso Progettista PassivHaus, Progettista di Piani Urbanistici, Net Zero Energy Buildings, Passivhaus, ideatore di un unico sistema costruttivo in paglia. Formatore in master, corsi e convegni su bioarchitettura, certificazione e diagnosi energetica, materiali. is an expert in Bioarchitecture by INBAR Italian Institute of Bioarchitecture sassobrighi.com