[<–] La qualità è la porta per la sostenibilità.
Nessuno lo dice ma gli esempi sono sotto i nostri occhi:
2 edifici: entrambi risalenti allo stesso periodo, entrambi con le stesse tecniche costruttive, lo stesso fabbisogno energetico.
Ma uno poco vivibile, l’altro amatissimo dai suoi proprietari.
Come per un’auto vecchia senz’anima, al termine del ciclo convenzionale di vita, il primo verrà demolito e rifatto, il secondo rinnovato e ristrutturato.
2 edifici: entrambi risalenti allo stesso periodo, entrambi con le stesse tecniche costruttive, lo stesso fabbisogno energetico.
Ma uno divenuto simbolo di una strada, di un rione, di una città, l’altro anonimo.
Dopo un certo periodo al primo la collettività attribuirà valore storico e paesaggistico e provvederà per la sua tutela, il secondo verrà cancellato.
I due esempi servono a far capire i valore di una progettazzione che riesc a trovare la chiave per un corretto dialogo con i suoi usufruitori, che siano i proprietari, i condomini, i vicini o la cittadinanza.
Tutte le volte che si demolisce un manufatto si compie un colpo di spugna su una stratificazione della nostra cultura (e noi SIAMO la nostra cultura) e si perde quell’energia grigia investita in fase di produzione.
C’è un altro fattore, altrettanto “matematicamente” imponderabile ma decisivo:
In tutte le valutazioni di sostenibilità la durata della fase di utilizzo sull’intero ciclo di vita è decisiva. Tutte le valutazioni vengono fatte a parità di condizioni al contorno, ipotizzando la vita utile di un fabbricato a 50 anni.
Ora: la durata di un fabbricato non è convenzionalmente riducibile ad un numero uguale per tutti i casi ed è molto variabile.
Se un intonaco, un parquet, un mattone dureranno 50 o 70 anni il loro bilancio ecologico ne uscirà completamente diverso.
Ma chi decide qual’è la vita utile del manufatto e in base a quali parametri?
Chi decide la durata di un fabbricato è l’uomo e compie le sue decisioni in base a fattori tecnici (economici) e psicologici (senso di appartenenza e rappresentatività del manufatto). Infatti l’uomo è organismo, non meccanismo, e come tale decide secondo processi complessi e non riducibili a calcolo matematico.
Progettare secondo la storia e la geografia del posto (cioè: secondo Bioarchitettura) è requisito fondamentale per la sostenibilità dell’intervento. [–>]